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Centro Comunitario Agape

Non nominare il nome di Dio invano

Ogni tanto qualcuno dovrebbe ricordare a Meloni il secondo Comandamento, visto che le sue scelte di politica sociale contraddicono clamorosamente la volontà di quel Dio che lei dichiara di voler difendere

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Volata in Ungheria da Orban, la Presidente del Consiglio Meloni ha affermato la sua ferrea volontà di difendere “la famiglia tradizionale, Dio e tutte le cose che hanno costruito la nostra civiltà”.

Durante l’incontro con il leader ungherese, Meloni ha anche ricordato il famoso discorso del 2019 in cui aveva affermato “Io sono Giorgia, sono una donna, sono una madre, sono cristiana, e nessuno me lo può togliere”.

Ciò significa, in maniera inconfutabile, che il Dio che Meloni vuole difendere non è una figura retorica o un dio ipotetico, ma il Dio incarnato nella persona di Gesù Cristo.

Cito da Wikipedia: il cristianesimo è una religione monoteista, originata dal giudaismo e fondata sulla rivelazione dei Vangeli di Gesù inteso come figlio del Dio d’Israele, e quindi Dio egli stesso, incarnato, morto e risorto per la salvezza dell’umanità, ovvero il Messia promesso, il Cristo.

L’ostentazione di richiami religiosi nella politica italiana – che ebbe il suo culmine nella croce contenuta nel simbolo della Democrazia Cristiana – è stata da qualche anno ripristinata da importanti esponenti della destra, primo tra tutti il leader della Lega Salvini, pronto a sgranare rosari sui palchi ed invocare questa o quella Madonna a beneficio di astanti e telecamere. Ora è il turno di Meloni a mischiare in maniera confusa e strumentale fede e politica, sacro e profano.

Una tendenza facilitata dalla latitanza di un mondo cattolico dove (salvo rare eccezioni) ad una gerarchia timida se non muta e ad un clero che non mobilita le coscienze, si affianca un laicato ed un associazionismo ormai irrilevante sulla scena pubblica, e perciò incapace di dare voce ai contenuti più alti della dottrina sociale della Chiesa, e ciò malgrado i continui richiami su questi temi di uno straordinario Papa Francesco.

Il rinnovato appello di Meloni alla difesa di Dio è avvenuto nel bel mezzo di una esplosiva situazione legata ai continui sbarchi di migranti, tema che da settimane occupa le prime pagine dei giornali e delle televisioni.

Purtroppo per Meloni e per la sua politica sociale tutta chiacchiere e distintivo, fatta di stigmatizzazione della povertà (vedi la vicenda del Reddito di cittadinanza), propositi di respingimenti e più segregazione nei confronti dei disperati che approdano sulle nostre coste ( i nuovi promessi Cpr altro non sono che galere militarizzate), su questi temi il Dio che lei invoca e vuole difendere ha parlato con parole definitive, quelle riportate nel Vangelo di Matteo, cap. 25, versetti 31-46.

Si tratta del Giudizio universale descritto da Gesù, quando le genti saranno divise in due, una parte a destra ed una a sinistra. Alla destra di Dio saranno posti coloro che hanno meritato la ricompensa perché, dirà il Giudice ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto,  nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi”.

E quando i giusti gli domanderanno “Signore quando lo abbiamo fatto?”, egli risponderà: “In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”.

A coloro che saranno posti invece alla sua sinistra, che gli domanderanno “Signore, quando ti abbiamo visto affamato o assetato o straniero o nudo o malato o in carcere, e non ti abbiamo servito?”, il Giudice supremo spiegherà che hanno meritato la condanna perché tutto quello che non avete fatto a uno solo di questi più piccoli, non l’avete fatto a me”.

Fossi in Meloni rifletterei attentamente sulla circostanza che continuando sulla strada che intrapresa rischia di finire per l’eternità a sinistra, dopo una vita terrena passata ostinatamente e convintamente a destra!

Battute a parte, l’uso strumentale di Dio fa il paio con quello del valore attribuito nella retorica meloniana alla famiglia ed al ruolo della donna: viene infatti da chiedersi come sia possibile proclamare di voler difendere la famiglia e chiudere gli occhi davanti alla disperazione di tante donne che per dare un futuro ai propri figli non hanno altra strada che mettersi in mare in condizioni pericolosissime e disumane, rischiando (ed a  volte perdendo) la propria vita e quella dei loro bambini.

Se Meloni almeno una volta facesse come il papa del film di Nanni Moretti Habemus Papam e, dismessa la giacca di Armani, si mimetizzasse con una felpa con cappuccio, e di nascosto, in incognito, andasse in uno dei tanti porti dove sbarcano ragazzi, donne, bambini scalzi, assetati ed affamati, con solo qualche straccio addosso, forse comincerebbe a guardare le cose con un animo diverso, e, pur con tutte le difficoltà politiche e sociali del caso, proverebbe a mettere in piedi una politica dell’accoglienza e della solidarietà.

Come dicono quelli che parlano bene, il tema dell’immigrazione è una problematica epocale, complessa e di non facile soluzione, e tuttavia ci sono frangenti della storia dove ciascuno di noi, qualunque sia il suo ruolo, deve scegliere da che parte stare: dalla parte delle vittime o da quella dei carnefici.

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