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La scuola sarà sempre meglio della merda

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Il 27 maggio di cento anni fa nasceva a Firenze Don Lorenzo Milani, un sacerdote scomodo, che nel dicembre del 1954 la Curia di Firenze “esiliò” a Barbiana, piccola frazione di montagna nel Mugello: i suoi insegnamenti hanno ancora qualcosa da dirci?

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Don Milani divenne famoso per essere stato uno degli antesignani sostenitori dell’obiezione di coscienza al servizio militare obbligatorio (“L’obbedienza non è più una virtù”) , ma ancor di più per la dirompente esperienza della Scuola popolare di Barbiana, aperta esclusivamente a bambini poveri, agli ultimi, destinati, in alternativa, a rimanere nei bassifondi della scala sociale, subordinati economicamente e culturalmente.

Fu il primo tentativo di scuola a tempo pieno, tutti i giorni dell’anno per tutto il giorno, senza vacanze, dove chi sapeva di più insegnava a quelli che sapevano di meno, e dove, inaudito per quei tempi, si studiava perfino l’inglese!

Don Lorenzo era convinto che il riscatto dei poveri fosse innanzi tutto legato alla conoscenza, alla comprensione ed all’uso delle parole. Per lui, infatti “È solo la lingua che rende uguali. Uguale è chi sa esprimersi e intendere l’espressione altrui.” E ancora:” Ogni parola che non impari oggi è un calcio nel culo domani. Il mondo ingiusto l’hanno da raddrizzare i poveri e lo raddrizzeranno solo quando l’avranno giudicato e condannato con mente aperta e sveglia come la può avere solo un povero che è stato a scuola”.

Alle critiche di tanti, laici e preti, che si scagliarono contro quell’esperienza ritenuta troppo totalizzante, i ragazzi di Barbiana rispondevano come si racconta in Lettera ad una Professoressa: “(Alla scuola) non c’era ricreazione. Non era vacanza nemmeno la domenica. Nessuno di noi se ne dava gran pensiero perché il lavoro è peggio. Ma ogni borghese che capitava a visitarci faceva polemica su questo punto. […]. Lucio che aveva trentasei mucche nella stalla (da sconcimare ogni mattina) disse:” La scuola sarà sempre meglio della merda”.

A settant’anni da Barbiana

Sono passati quasi settant’anni da allora, e tuttavia, malgrado i grandi progressi fatti dalla scuola (primo tra tutti quello di essere diventata scuola di massa), ci sono situazioni in cui la scuola a tempo pieno è ancora uno strumento indispensabile per combattere la povertà sociale e culturale di tantissimi ragazzi.

Certo, una scuola organizzata secondo metodologie moderne, aperta ed integrata con le risorse del territorio (associazioni, gruppi culturali e sportivi, spazi e strutture pubbliche e del privato sociale, ecc.), e quindi capace di garantire assistenza allo studio, attività linguistiche, informatiche, sportive e creative (teatro, musica, multimedialità, ecc.); insomma tutto quello che già si fa in molte parti d’Italia ma raramente al Sud ed in Calabria, se si eccettuano poche lodevoli eccezioni.

L’obiettivo da perseguire dovrebbe essere dare la possibilità ai ragazzi e alle ragazze di stare  a scuola per svolgere le attività di cui sopra non meno di nove ore. È troppo? No, è appena sufficiente.

La povertà materiale e culturale

Meglio la scuola della merda di lunghi pomeriggi ed intere giornate in ambienti familiari che versano in uno stato di povertà materiale e/o culturale che impedisce al minore di fruire di alcune cose basiche, come un pasto bilanciato e nutriente invece di cibo spazzatura; stimoli culturali grazie alla presenza di libri, riviste, opportunità multimediali; aiuto nei compiti e nell’ acquisizione di competenze linguistiche; abitudine ad esprimersi costantemente ed in maniera appropriata in lingua italiana; possibilità di praticare sport: cioè di tutte quelle cose cui hanno normalmente accesso i bambini delle famiglie benestanti.

I contesti di ‘ndrangheta

Meglio la scuola e non la merda di pomeriggi interi vissuti in contesti familiari appartenenti alla galassia ‘ndranghetista, dove la cultura dominante di tipo mafioso è corroborata dalle esperienze concrete degli adulti che si propongono come “modelli” da imitare agli occhi dei bambini e dei ragazzi: la revoca della patria potestà prevista dal percorso “Liberi di scegliere” è una soluzione estrema che inevitabilmente potrà riguardare solo un numero limitato di casi. Ad essa va affiancata una strategia di più vaste dimensioni rivolta a tutti i minori che vivono in questi ambienti, una strategia che in maniera costante e sistematica operi sul piano educativo e culturale per trasmettere ai bambini ed ai ragazzi di quelle famiglie principi di legalità e valori di solidarietà che li portino un giorno ad esclamare, come fece Peppino Impastato, che aveva un padre mafioso, “…Mio padre, la mia famiglia, il mio paese! Io voglio fottermene! Io voglio scrivere che la mafia è una montagna di merda! Io voglio urlare che mio padre è un leccaculo! Noi ci dobbiamo ribellare prima che sia troppo tardi! Prima di abituarci alle loro facce! Prima di non accorgerci più di niente!”.

Il malessere social

Meglio la scuola della merda di pomeriggi e serate passati a testa piegata sullo smartphone, immersi in una solitudine relazionale che è causa di un malessere giovanile fatto di ansia, depressione, insicurezza, bassa autostima. Meglio un corso di teatro, di musica o di qualunque altra cosa con i propri compagni di scuola della merda della piazza virtuale dei social, esposti (oltre che ai danni fisici indotti dalla sedentarietà) alle false informazioni, ad un confronto con gli altri superficiale e viziato dal bisogno di ricevere tanti “like”, quando non caratterizzato da maldicenza, insulti, cyberbullismo. Chi si occupa con serietà del mondo dei ragazzi e dei giovani è sempre più preoccupato degli effetti dei social sulla salute mentale dei preadolescenti ed adolescenti.

Sono sufficienti queste ragioni per trarre ispirazione dagli insegnamenti di un prete speciale nato 100 anni fa per far diventare la scuola il fulcro vitale di una comunità educante? Io credo di sì.

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*Le foto sono tratte dal documentario RaiPlay “Barbiana 65- La lezione di Don Milani” (https://www.raiplay.it/programmi/barbiana65-lalezionedidonmilani)

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