La meraviglia del mare negli occhi di una bimba ucraina che non l’aveva mai visto
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Scappare dalla guerra non è un semplice viaggio della speranza ma è il viaggio della vita, cercarla in una grande incognita e (ri)scoprirla in una città sconosciuta, in un nuovo Paese di cui non sai la lingua, ma dove fortunatamente hai qualcuno che lì ti sta aspettando.
La storia di una nuova vita di S. e A. è incominciata il 22 marzo, dopo un lungo viaggio cominciato a Leopoli, continuato per la Romania e concluso dopo 48 ore a Reggio Calabria.
S. e A. sono una giovane mamma e la sua bambina di 8 anni, riuscite a scappare da una situazione che non era più sopportabile: rumori di sirene, bombe e coprifuoco, con il timore di essere una donna sola insieme ad una bambina (sappiamo bene cosa sta accadendo alle donne ucraine sole e cosa stanno facendo i soldati russi dei loro corpi). Inizialmente non volevano lasciare la propria casa, come nessuno dei profughi arrivati in Italia (questa è una cosa molto importante da tenere a mente per capire il loro stato emotivo di adesso, e del perché questa storia ha delle sfumature meravigliose di speranza e, soprattutto, di vita).
Arrivate a Reggio Calabria sono state accolte a casa di una famiglia reggina meravigliosa, amici del Centro Comunitario Agape, la quale gli ha fatto trovare pronto tutto: la stanza, i letti e pacchi con dei vestiti nuovi. S. e A. si sono sentite subito accolte e tranquille, soprattutto la piccolina, catapultata in 48h in un Paese nuovo, con gente sconosciuta che non aveva mai visto prima.
Io li ho seguiti passo passo in quanto “tutor” per il loro inserimento secondo le modalità di accoglienza stabilite dal Comitato per le mamme ed i bambini ucraini.
La cosa incredibile sapete qual è stata? Osservare i loro sguardi. La serenità del “nonostante tutto” del “come vuole il nostro Dio”, mi ha fatto cadere tutti i piccoli problemi che in quel momento potevano passare per la mia testa; mi ricordo che pensai: “loro sono scappate da UNA GUERRA e hanno avuto questo grande coraggio e forza, ed io sto qui a lamentarmi di cose stupide”.
Gli occhi della piccola A. erano felici, pieni di gioia, di gratitudine, non so quante volte ha ringraziato la famiglia per averla accolta e soprattutto… per averle fatto vedere per la prima volta il mare!
Il nostro mare che agli occhi di A. è vita, bellezza, speranza. Lo stesso mare di molti altri profughi, che invece molte volte in quelle stesse acque perdono la speranza e la vita.
Come dicevo all’inizio, inizialmente S. non voleva lasciare la propria casa. Adesso, dopo due mesi le cose sono cambiate. A. va a scuola, è stata accolta sin da subito dai compagni di classe che non le hanno fatto mancare nulla, anzi appena arrivata le hanno fatto trovare tantissimi regali e S. ha iniziato a lavorare. La casa che le ha accolte è diventata la loro casa, la loro famiglia. A. chiama “nonni” marito e moglie che li hanno accolti e non vuole più lasciarli: sono il suo, il loro punto di riferimento. Non so come questa storia si concluderà, se anche S. e A., come hanno cominciato a fere altri profughi che sono arrivati in questi mesi in città, ritorneranno in Ucraina; quello che è certo è che al momento per loro Reggio è VITA.