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Il nuovo Codice degli Appalti è un aiuto alle mafie

Il Governo ha dato il via libera al Nuovo Codice degli Appalti che, assieme ad alcune innovazioni positive, prevede modalità di affidamento diretto di lavori e forniture che oggettivamente sono un favore alle mafie

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La  protesta dell’anarchico Cospito ha riacceso il dibattito sulla legittimità/costituzionalità del carcere duro, disciplinato dall’articolo 41-bis dell’Ordinamento penitenziario. Molti esponenti della destra che governa l’Italia si sono affrettati a ribadire la loro intransigenza sul tema, perché il 41-bis è ritenuto uno strumento fondamentale per il contrasto alle mafie.

Noi che viviamo al Sud e che sappiamo bene quanto pesante ed asfissiante sia l’ipoteca mafiosa sulla società e sull’economia di intere regioni ( Calabria e Sicilia in primo luogo) dovremmo sentirci rassicurati dall’antimafia di Governo.

Peccato però che lo stesso Governo ha recentemente approvato un decreto legislativo – il cosiddetto Nuovo Codice degli Appalti – che, pur contenendo numerose innovazioni positive, per dirla con il procuratore aggiunto di Genova Francesco Pinto, intervistato da Il Fatto Quotidiano, nella specifica disciplina dell’affidamento dei lavori e delle forniture esso “è criminogeno, un aiuto alle mafie”.

Giuseppe Busia- Presidente ANAC

Il trionfo dell’affidamento diretto

Un’esagerazione? Per niente, visto che a rincarare la dose è intervenuto anche il presidente dell’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC) Giuseppe Busia, il quale ha lamentato che con le nuove norme si sono rese ordinarie, a tutto danno dell’imparzialità e trasparenza, procedure semplificate che erano state introdotte in via eccezionale nel settembre 2020 per affrontare l’emergenza socio-economica creatasi in periodo di covid. Con il risultato che oltre il 90% degli appalti potranno essere affidati senza gara pubblica, perché ben pochi appalti superano le soglie comunitarie oltre le quali la gara è obbligatoria.

E si badi che se per gli importi superiori ai 150 mila euro per lavori e 140 mila euro per forniture è prevista, a seconda dei casi, la consultazione preventiva di almeno 5 o 10 imprese, al di sotto di tali importi il Nuovo Codice prevede l’affidamento diretto.

Affidamento diretto significa che l’amministrazione procedente, sceglie un’impresa e si fa fare i lavori o consegnare la fornitura senza alcuna procedura di evidenza pubblica. Sinceramente, fossi un sindaco, un dirigente apicale o un RUP di uno qualsiasi delle centinaia di comuni piccoli e medi sparsi sul territorio comincerei a dormire male o a non dormire affatto, tanto più che il Nuovo Codice elimina anche ogni limitazione ai subappalti.

Sindaci e Dirigenti sempre più esposti alle pressioni ed intimidazioni delle mafie

Il perché è presto detto.

Per i piccoli e medi comuni, ma anche per le amministrazioni periferiche dello Stato e degli Enti pubblici sono pochissimi gli appalti che superano i 140 mila euro. Fino ad oggi un sindaco o un dirigente responsabile di un Ente avevano la possibilità di sottrarsi a qualsiasi forma di condizionamento ambientale espletando le gare sulle piattaforme elettroniche della Pubblica Amministrazione (Consip, MEPA,SDAPA), ora avranno molta più difficoltà a resistere alle pressioni, intimidazioni e minacce degli emissari delle ditte mafiose che pretenderanno di accaparrarsi lavori e forniture in virtù delle prerogative che derivano loro dal controllo capillare del territorio esercitato nelle rispettive zone di influenza.

E se fino a ieri il responsabile della spesa pubblica poteva respingere le richieste illecite affermando “Non posso darti i lavori perché ho l’obbligo di fare una gara sulle piattaforme elettroniche”, da domani non sarà più così, perché il Nuovo Codice gli dice che deve fare affidamenti diretti, ancorché sulla piattaforma elettronica, ed il picciotto di turno potrà perciò sibilargli “Si vuliti,ora putiti!”(Se volete, ora potete!).

Sventurata la terra che ha bisogno di eroi

Bisogna viverci e lavorarci al Sud per capire il pericolosissimo balzo indietro che si rischia: fino ad oggi gli amministratori perbene potevano fronteggiare i mafiosi semplicemente applicando le norme (e, malgrado ciò, annualmente sono centinaia gli atti intimidatori perpetrati ai loro danni); da ora in avanti si chiede loro di diventare degli eroi incuranti dei rischi per sé stessi e le loro famiglie. E se poi dovesse maturare anche la prospettata riforma dell’abuso d’ufficio, allora dovranno diventare dei supereroi, perché per resistere alle pressioni non avranno nemmeno la scusa della possibile incriminazione! Per dirla con Bertolt Brecth “Sventurata la terra che ha bisogno di eroi”.

Il bluff del “modello” Ponte di Genova

I sostenitori di questa svolta dicono che tutto ciò è indispensabile per velocizzare gli investimenti e far progredire il Paese ( pardon, la Nazione), che il modello vincente è quello del Ponte di Genova: ammesso e non concesso che sia così, è facile obiettare che quel modello può funzionare (anche rispetto ai pericoli di inquinamento mafioso) solo per le grandi opere, che vengono progettate ed eseguite sotto gli occhi di tutti, con i fari accesi dell’opinione pubblica nazionale e della stampa, con le grandi imprese interessate a partecipare e con i Servizi e gli altri apparati dello stato mobilitati nella vigilanza di tutto il percorso e le fasi di realizzazione a presidio della legalità.

Per gli interventi di media e piccola dimensione sarebbe invece necessario migliorare le procedure esistenti sulle piattaforme elettroniche in uso, salvaguardando gli aspetti di competitività, apertura al mercato, concorrenza e anonimato dei partecipanti fino all’aggiudicazione: smantellare tutto ciò è un grande favore fatto alle mafie ed un duro colpo alle imprese sane del mezzogiorno.

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