Giovani e democrazia: la sfiducia è palpabile

Anche l’ultimo referendum ha confermato il distacco e la sfiducia  dei giovani nei confronti del mondo politico-istituzionale. Ma se è vero che la democrazia è un percorso collettivo, per invertire la tendenza occorre ripartire dall’ascolto dei giovani e dalle loro proposte

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In occasione del referendum dell’8 e 9 giugno 2025, non solo non si è neppure sfiorato il quorum richiesto, ma l’interesse generale della cittadinanza nei confronti della consultazione è apparso blando, se non del tutto assente.

E’ un fenomeno che si ripete, con intensità crescente, ad ogni tornata referendaria. Basti pensare che l’ultima volta in cui fu raggiunto il quorum risale al 2011, con un’affluenza superiore al 54%.

Tra i motivi del flop, i numerosi commenti seguiti al referendum hanno messo in rilievo sia il deficit di informazione, che il disinteresse generalizzato e trasversale, che travalica le appartenenze ideologiche e che dovrebbe sollecitare una riflessione seria e condivisa.

Ad un mese dalla tornata elettorale, mi sono posta una domanda: ma i giovani come e in che misura hanno votato? Ho cercato di reperire qualche analisi in merito senza trovare, purtroppo, granché.  E così ho deciso di fare da sola un “sondaggio”, intervistando una quarantina di giovani e giovani adulti della mia cerchia.

Naturalmente si tratta di una indagine che non ha niente di scientifico, visti i numeri e le modalità di scelta del campione, ma che ha fatto emergere una serie di informazioni interessanti.

I risultati dell’indagine: uno specchio della realtà

Il campione coinvolto è composto per il 52,4% da giovani tra i 18 e 25 anni, mentre il 46% si colloca tra i 25 e i 40 anni.

Tra chi ha votato, ben il 76% sostiene di averlo fatto perché considera il voto un dovere civico e un diritto fondamentale, mentre il 71% è motivato da un reale interesse verso le tematiche trattate nei quesiti referendari. Al contrario, chi non ha votato dichiara principalmente di non sentirsi coinvolto, ritenendo che il referendum non riguardasse direttamente la propria vita.

Su una domanda chiave relativa alle cause della scarsa affluenza, il 57% degli intervistati indica una copertura mediatica insufficiente e una generale mancanza di informazioni chiare e accessibili, unite all’effetto dissuasivo degli inviti all’astensione lanciati da esponenti della maggioranza di governo. Si aggiunge inoltre un diffuso disinteresse verso i temi proposti, spesso percepiti come troppo tecnici o poco comprensibili.

Informazione e social media: i nuovi canali, le vecchie sfide

Non sorprende che il 71,4% degli intervistati dichiari di essersi “abbastanza” informato sul referendum, ma con modalità diverse da quelle tradizionali. Infatti, tra le fonti di informazione più utilizzate figurano i social network, con Instagram e TikTok in testa. Questi canali si confermano strumenti privilegiati per raggiungere i giovani, ma pongono anche la sfida di una comunicazione spesso frammentata, semplificata e talvolta superficiale.

Il nodo della cittadinanza: una tematica controversa

Uno dei punti più controversi emersi dal sondaggio riguarda il quesito sulla cittadinanza italiana, che ha contribuito a creare divisioni e confusione. Molti partecipanti hanno sottolineato come questa tematica, spesso poco chiara, abbia scoraggiato l’interesse al voto a causa di disinformazione e poca chiarezza sul significato dell’abrogazione parziale, di una diffusa presenza di pregiudizi e “razzismo internalizzato” che ha impedito a molti di approfondire, e della percezione che il quesito fosse più uno strumento politico che un reale intervento su una questione sociale.

Diversi commenti evidenziano che la decisione di presentare cinque quesiti simultaneamente non ha favorito la partecipazione: il quesito sulla cittadinanza, in particolare, ha riscosso un interesse minore rispetto agli altri, anche tra chi ha votato.

Tra i giovani la sfiducia è palpabile

Un dato emblematico e quantomeno deprimente riguarda la percezione del coinvolgimento dei giovani nella vita democratica nazionale e regionale: ben il 61,9% risponde “no”, segnalando un disimpegno marcato. Le motivazioni fornite sottolineano un quadro di profonda sfiducia: molti giovani non considerano più l’Italia un paese in crescita o un luogo su cui investire, si registra un’apatia generalizzata dovuta alla percezione di un sistema politico distante e inefficace, e una consistente parte ritiene che le istituzioni non rispecchino le loro istanze e non sappiano più rappresentarli adeguatamente.

Le proposte dei giovani: come ricostruire un rapporto con la politica

Nonostante il clima di sfiducia, emergono anche idee concrete e costruttive per invertire la rotta. I giovani suggeriscono di riformare profondamente l’educazione civica a scuola, trasformandola da materia formale e poco incisiva in un momento di reale confronto, dibattito e approfondimento sui fatti di attualità, superando così l’approccio nozionistico attualmente diffuso. Ritengono inoltre fondamentale che l’ora di educazione civica sia valorizzata e inserita stabilmente nel curriculum scolastico, evitando che venga trattata come un’ora “jolly” o marginale. Parallelamente, si auspica un maggiore coinvolgimento di insegnanti, genitori e educatori nel trasmettere ai giovani il valore della partecipazione democratica e del voto consapevole.

Alcuni ritengono importante che i giovani vengano coinvolti in progetti pubblici concreti, che li mettano in contatto diretto con le istituzioni e la gestione delle risorse, per far comprendere loro quanto sia centrale il ruolo del controllo democratico. Allo stesso tempo, è necessario adottare metodi didattici più moderni e coinvolgenti, come video brevi, quiz interattivi e simulazioni di dibattiti, per rendere la politica più accessibile e stimolante.

Viene inoltre proposto un intervento più ampio sul sistema scolastico, con un’organizzazione che privilegi indirizzi di studio che includano educazione civica, affettiva ed economica, anche a costo di ridurre le ore dedicate alla religione, e con un costante aggiornamento degli insegnanti in questi ambiti.

Infine, è fondamentale sfruttare in modo più consapevole i social media, canali nei quali i giovani sono già attivi, per diffondere contenuti politici affidabili e stimolanti, utilizzando linguaggi più diretti e vicini ai loro interessi.

Conclusione: la democrazia è un percorso collettivo

È lecito affermare, con un certo rammarico, che si è persa un’occasione preziosa per incidere, seppur parzialmente, sulle diseguaglianze sociali ed economiche che affliggono l’Italia. A prescindere dall’esito – dalla vittoria del “Sì” o del “No” – la vera sfida è oggi quella di contrastare l’apatia civica con cui una parte crescente della popolazione, in particolare i giovani, si approccia al momento elettorale.

Diventa dunque essenziale promuovere un’autentica educazione democratica, dentro e fuori la scuola, fondata su pensiero critico, partecipazione, ascolto e responsabilità. Solo così potremo rivendicare con coerenza il diritto – e l’obbligo – di esprimere la nostra voce in modo libero, informato e rispettoso.

  • L’autrice è una giovane volontaria in Servizio Civile presso il Centro Comunitario Agape

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