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Nidi, mense e scuole a tempo pieno per contrastare la povertà alimentare ed educativa

Il mondo delle politiche sociali è diventato un cantiere di progetti, protocolli ed iniziative di cui spesso non si è in grado di misurare risultati ed efficacia delle risorse investite. Nel frattempo si spengono i riflettori sui servizi essenziali che gli enti pubblici non riescono garantire specialmente ai bambini dei nuclei poveri

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Sul giornale online Calabria Live dell’8 maggio scorso, Mario Nasone ha ulteriormente sviluppato la problematica della mancanza di sostegno alle madri sole, ribadendo la necessità che la Regione Calabria si faccia finalmente carico del problema con una apposita legge regionale, così come hanno già fatto Lazio ed Emilia-Romagna.

Sull’argomento, a quanto pare, la Regione continua a dimostrarsi distratta se non del tutto sorda, come prova la mancata partecipazione al convegno sul tema promosso da Agape e Cooperativa Sociale SoleInsieme, al quale non sono invece mancati Comune, Città Metropolitana e ASP, che hanno convenuto , unitamente alle realtà del Terzo settore presenti, sulla necessità di predisporre un Protocollo d’intesa per iniziare a dare alcune risposte che favoriscano percorsi di autonomia lavorativa, abitativa e sociale per queste donne.

La latitanza della Regione non può essere un alibi

Vedremo se le “interlocuzioni istituzionali”, come dicono in gergo i politici, avranno l’effetto di smuovere la Regione. Nel frattempo, però, questa latitanza non può diventare un alibi per le altre istituzioni (Comune e Città Metropolitana in primis) cui spettano compiti fondamentali nell’attuazione di misure in grado di rispondere ai due bisogni più urgenti per i bambini di questi nuclei, e cioè quelli della povertà alimentare e della povertà educativa, trattandosi di nuclei che si trovano spesso sulla soglia o addirittura sotto la soglia della povertà assoluta.

E quali sono gli strumenti principali per contrastare povertà educativa e povertà alimentare dei bambini? Asili nido e scuole con mense e tempo pieno: lo stesso Garante dell’Infanzia nelle relazioni al Parlamento nazionale ha più volte indicato l’accesso alla refezione come strumento di contrasto alla povertà alimentare ed a quella educativa, raccomandando una particolare attenzione alle mense scolastiche che, per i bambini delle famiglie povere, rappresentano l’unica possibilità di fruire giornalmente di un pasto completo e sano.

I numeri sono impietosi

Fare le mense significa peraltro aumentare il numero di scuole con il tempo pieno, mettendo così un argine al furto di 200 ore di lezione l’anno che i bambini del Sud subiscono rispetto ai coetanei del Nord, di cui abbiamo già parlato su NEM.

L’Impresa sociale Con i Bambini e la Fondazione Openpolis hanno di recente pubblicato un report relativo ai nuclei monogenitoriali mamma-bambino dal quale emerge un quadro desolante della realtà reggina, come rappresentato nell’immagine che segue.

Impietoso è poi il confronto con le città che hanno una popolazione simile a quella di Reggio Calabria (170 mila), cioè Perugia (161 mila) e Modena (184 mila), volendo ignorare, per non infierire, Reggio Emilia (169 mila), notoriamente una delle città più avanti in assoluto nei servizi all’infanzia.

Va peraltro aggiunto che il contesto territoriale metropolitano è messo peggio del capoluogo, e che la Calabria in questa classifica sta nel gruppo delle peggiori assieme a Campania e Basilica.

Scandalosa è poi la situazione che riguarda gli Asili nido: sono solo tre i Nidi pubblici in città che coprono il fabbisogno per poco più dell’11% a fronte del 33% previsto dalla Comunità Europea e dai LEP (livelli essenziali delle prestazioni).

Anche il Terzo settore deve cambiare passo

Se questo è quadro, è indubbiamente meritorio che gli Enti locali si impegnino a sottoscrivere protocolli d’intesa con gli Enti del Terzo settore, cerchino di reperire nelle pieghe di bilanci spesso in sofferenza somme per interventi emergenziali e/o contributi a specifiche realtà che si occupano di minori in difficoltà, ma le cose prioritarie e fondamentali che dovrebbero fare sono quelle che rientrano nei loro ordinari ed imprescindibili obblighi istituzionali, e cioè asili nido, scuole materne e scuole dell’obbligo con le mense.

Da questo punto di vista, infine,  è fuor di dubbio che anche le associazioni del Terzo settore sono chiamate ad un cambio di passo: meno convegni, tavole rotonde e protocolli buoni per le foto e i video di circostanza a beneficio di giornali e TV, e maggiore impegno nell’esigere i diritti per tutti, e specialmente per i più deboli, senza sconti ed indulgenze per chi, per insipienza o puro calcolo politico, non assolve al proprio dovere di amministrare con competenza e capacità.

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